L’autrice finalista al Premio Strega con La vita accanto e vincitrice del Premio Calvino dà voce a un
personaggio unico, Maria di Nazaret, restituendola alla sua piena essenza
umana.
Io c’ero. L’ho seguito tutti i
giorni che ho potuto nelle strade piene di polvere e di sassi, da lontano. E
col pensiero l’ho seguito ogni altro momento… Si sa quanto è lungo il tempo
della preoccupazione. Appena meno lungo del tempo del dolore.
Cosa c’è di divino nell’essere giovane madre
di un figlio arrivato per grazia o per caso? Ci si augura per lui una vita
buona: che non incontri il male, che il mondo lo accolga o almeno lo lasci in
pace. È la storia umanissima di Maria, Madre di Dio bambino, la stessa di ogni
madre per cui il proprio bambino è Dio, vita che si consegna fragilissima e si
promette eterna. Ma il figlio di Maria è troppo speciale perché la storia sia
solo questa e infatti sarà altra, raccontata per generazioni in poesia, in
pittura, in musica, nel vetro, nel ghiaccio immacolato, a punto croce, sulle
volte delle cattedrali e sui selciati delle piazze. Qui parla Maria. Accanto a
lei Giuseppe, padre che ha detto sì senza comprendere, senza nemmeno
pronunciare questo sì, costruttore di un progetto di vita e di amore ben più
grande di quello immaginato. Intorno a lei uomini e donne che pensano di
capire, ma sanno solo chiacchierare; e gli amici del figlio, Giovanni, Simone,
Giuda e anche Nicodemo, che si affannano di domande nella notte; e dottori e
farisei che chiedono la verità solo per poterla negare. Sopra di lei, infine,
gli angeli fanno corona, ma con le loro ali non riescono a tenere lontano il
gran male del mondo, che si addensa fino a quando qualcuno griderà: «A morte».
Ciò che resta è un corpo rotto senza grazia, consegnato a una madre ancora
giovane, anche nel momento estremo così simile a tante madri. Ma questa è una
storia troppo immensa perché tutto possa andare perduto.